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P.G.R. Per Grazia Ricevuta

date » 28-05-2023

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Enzo Velati ha scritto:

Per le Grazie di Nicolai

È possibile ricreare con delle fotografie, in bianco e nero, l’incanto del connubio tra parole e immagini che Dino Buzzati, scrittore e pittore, riuscì a realizzare, nei lontani anni settanta, con i suoi famosi “ex voto”, dapprima esposti e poi pubblicati in “P.G.R. – Per Grazia Ricevuta”, prezioso volume di gran successo? Questo il compito che Nicolai assume nel suo progetto “P.G.R.”.
Il lavoro, ci chiarisce, nasce dal fascino delle immagini e delle parole di Buzzati, esplicitamente richiamato nella dedica di esergo, ma prima ancora da alcune proprie singole fotografie che vogliono essere guardate, che pretendono di significare e non accettano il riposo dell’archivio.
Dalla contemplazione di queste immagini vengono a Nicolai parole che danno corpo alla meraviglia e allo stupore per metamorfosi appena compiute. Si avverte la percezione di una sospensione temporale definitiva. Le fotografie sono fonti di ipotesi miracolistiche, ma anche prove visibili di un accadimento che intendono avvalorare.
C’è differenza, quindi, dal modo in cui Buzzati metteva in ironico contrasto, in una dialettica triangolare, le immagini da lui stesso dipinte (sensuali e inquietanti), le didascalie piamente esplicative dell’ex voto e i commenti autoriali sempre attenti a chiarire l’origine, terrena e carnale, delle tentazioni.
La scelta di Nicolai, felicemente, richiama alla mente la fiducia con la quale i surrealisti usarono la fotografia per illustrare i loro racconti. I surrealisti partivano dalla scrittura e chiedevano l’aiuto delle fotografia, Nicolai invece parte dalle immagini e usa le parole per esplicitare i sensi ironici, ma anche esistenziali, delle sue fotografie.
La parte dello spettatore è creativa. Può accettare quella proposta di senso tra parole e immagini sapendo però che non ci sono interpretazioni uniche e che quel senso può introdurre a significati ulteriori, inediti e autonomi.

Vincenzo Velati


Pensieri, non immagini

date » 29-03-2023 18:22

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Si sta tenendo dal 14 al 28 marzo 2023, presso il Castello Svevo di Bari, la mostra fotografica "Mare Nostrum" a cura di Enzo Velati (che conosco da tempo e il cui lavoro nel campo della fotografia apprezzo particolarmente).
Le fotografie esposte sono di Angela Cioce, Stefano Di Marco, Giuseppina Di Palma, Giuseppe Pavone e Michele Roberto.
Il tema proposto è di grandissimo interesse e estremamente stimolante tanto da farmi chiedere che cosa avrei esposto io se fossi stato invitato, su quali immagini avrei lavorato.
Un gioco, solo un gioco per ragionare sul tema del Mare Nostrum in cui l'aggettivo Nostrum più che geografico-imperiale penso voglia dire "personale, intimo", e così creare una mostra inesistente fatta di pensieri più che immagini e dare vita a una specie di "Salon des non-invités".

Certe notti

date » 27-03-2023 18:35

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Certe notti succedono in città delle cose. "Sul più bello, mentre meno ci pensavamo. E non ci fu rimedio" -Dino Buzzati-

I colori dei rosoli

date » 26-03-2023 19:24

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Appena arrivati per un assaggio, dono di mia sorella Rosalba, la "Signora dei Rosoli".
Che splendida tavolozza

A proposito di ritratti

date » 21-03-2023 12:03

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Ritratto in assenza

date » 21-03-2023 11:28

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Dove e quando: a mezzanotte del 20/03/2023, sul Lungomare di Bari, durante l'ultima passeggiata con Spank.

Chi: ??? io non lo so, so solo che forse è stata un'ottima occasione per un ritratto in assenza. Forse.
A pensarci bene questa immagine potrebbe appartenere alla serie e al progetto "Rallentamenti a tratti".
Perché rallentamenti, a tratti? Lo sguardo in movimento perenne, talvolta rallenta, a tratti, come capita al traffico in autostrada, senza alcun apparente motivo. E apparentemente queste immagini, scaturite appunto da sguardi rallentati da improvvisi interessi, risultano slegate le une dalle altre e, in alcuni casi lo sono; in altri casi appartengono invece a narrazioni più complesse che suggeriscono ulteriori immagini, prima e dopo, che le esigono, le attendono. In alcuni casi già ci sono, se non fisicamente su carta o file almeno nella mente. In altri casi devono ancora essere pensate, viste, catturate, come pezzi di una mappa ancora tutta da disegnare.

Breve recensione sul Journal di MyPhotoPortal

date » 19-03-2023 12:18

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Sylvia

La bellezza degli altri
di Nicolai Ciannamea

Journal / review
Recensione curata e redatta da myphotoportal

Legami fluidi
Se è vero l'assunto per il quale gli occhi sono lo specchio dell'anima, allora il lavoro di Nicolai Ciannamea dal titolo "La bellezza degli altri", è quanto di più rappresentativo. Prospettive facciali poste in primo piano divorano la distanza tra percipiente e percepito, in un gioco di sguardi in cui si fonde l'identità dell'uno (l'osservatore) con quella dell'altro (l'osservato). A generarsi, allora, è solo un'alchimia indistinta in cui non è più possibile dirsi chi realmente contempla; chi davvero è contemplato. La prossimità geometrica fonde, negli sguardi, le identità e il connubio crea un legame inconscio fluido.

pigliare occhi per aver la mente

date » 10-02-2023 11:54

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pigliare occhi per aver la mente

(Pd XXVII 92) natura o arte fe' pasture / da pigliare occhi, per aver la mente : natura o arte creano cose belle, tali da " allettare i sensi ", in modo da possedere la mente

Talvolta, per qualcuno funziona diversamente, quasi all’incontrario, quando sono le parole lette, dette o pensate a generare immagini per gli occhi: pigliare la mente per avere gli occhi. Durante la realizzazione di questo mio lavoro, “La bellezza degli altri”, a rassicurarmi che la rotta da me intrapresa fosse quella giusta è stata la lettura dei versi di Adam Zagajewski “Nella bellezza altrui”:

Solo nella bellezza altrui
vi è consolazione, nella musica
altrui e in versi stranieri.
Solo negli altri vi è salvezza,
anche se la solitudine avesse sapore
d’oppio. Non sono un inferno gli altri,
a guardarli il mattino, quando
la fronte è pulita, lavata dai sogni.
Per questo a lungo penso quale
parola usare: se lui o tu.
Ogni lui tradisce un tu, ma
in cambio nella poesia di un altro
è in fedele attesa un dialogo pacato.

Adam Zagajewski

(Traduzione di Krystyna Jaworska)
da “Dalla vita degli oggetti”, Poesie 1983-2005, Adelphi, 2012

La bellezza degli altri

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Una ragazza supina, con il viso posato sul cuscino, ricambia silenziosa lo sguardo di chi le sta accanto. Da questa foto, trovata per caso in internet, è nato il desiderio di realizzare dei ritratti in cui la distanza tra osservato e osservatore fosse così breve da suggerire un rapporto di fiducia, di intimità, d’amicizia se non di vero affetto. Vicini, magari per continuare un racconto iniziato in un altro luogo, in un altro tempo, senza remore né timori né vergogna, in fedele attesa di “un dialogo pacato”.
E così, sistemato un cuscino, uno sfondo nero di velluto, un copriletto scuro, ecco creato il luogo immaginario e concreto in cui, uno dopo l’altro, sono stati accolti tutti, chi ora mi è più vicino insieme a chi un tempo lontano mi ha porto la mano, a chi ha condiviso con me esperienze o sentimenti o a chi mi ha raccontato qualcosa di sé che, pur a distanza di tanti anni, ricordo ancora.
Non sono riuscito a chiamare tutti coloro che avrei voluto e forse non sarebbero bastate le pagine di questo libro per accoglierli. Alcuni poi avrebbero voluto esserci ma non hanno potuto. Quelli che ci sono rappresentano anche chi non c’è. D’altronde è impossibile far passare tutta la vita attraverso le lenti di un obiettivo fotografico.

Avevo già iniziato a realizzare i primi ritratti quando ho letto una poesia di Adam Zagajevski dal titolo “Nella bellezza altrui” e vi ho riconosciuto lo stesso identico spirito del mio lavoro. Un incontro magico tra parole e figure che mi ha suggerito il titolo di questo progetto.
E così ora, terminati i ritratti, a guardarli uno per uno, questi visi illuminati dalla stessa luce narrano ognuno la propria storia. Eppure a vederli tutti insieme sono come tessere di un mosaico che sembrano comporre i tratti del mio viso proprio come, racconta Borges, accadde al pittore che nell’insieme dei tanti quadri in cui aveva voluto rappresentare il mondo finì col vedere ritratto il suo stesso volto.

Nicolai Ciannamea


Alessandra





Vis a vis. Quando i volti si specchiano l’uno nell’altro.

Nell’Incontro di San Pietro e San Paolo (1624-1625, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica) Giovanni Serodine raffigura i due apostoli che si guardano negli occhi al centro del quadro. I volti sono vicinissimi circondati dalla folla disordinata e gesticolante che li conduce al martirio. Entrambi appaiono isolati dal tumulto che li circonda. Le loro mani appena visibili si stringono. Pietro e Paolo con-dividono lo stesso destino ma anche tutto quanto li ha portati a con-dividere quel destino. Immagine che riporta alla mente i celebri passi aristotelici dei libri ottavo e nono dell’Etica nicomachea sull’amicizia.
Vis a vis come racconto di eventi con-divisi che hanno segnato i volti. Volti come paesaggi e quindi come narrazioni. Eventi che tornano alla memoria in quell’attimo indefinibile del dormiveglia, quando siamo di qua ma ancora di là e il vissuto si sospende tra memoria e immaginazione.
Affiora nel volto il viaggio compiuto verso la terra incognita dell’altro.
Avventura tra caratteri, sentimenti, memorie, esperienze, tratti della personalità, gesti, parole.
Esercizio dello sguardo che ha strappato l’altro alla massa anonima che ci circonda per costituirlo nella sua singolarità. Uno, non qualcuno. Alterità al dunque irriducibile con la quale con gioia e con fatica si è trovata una misura, un canone.
Sutura della lacerazione del legame sociale che ci vorrebbe addestrati all’homo homini lupus della competizione globale.
Ma c’è un ma.
Sarebbe facile avvertire, nell’osservazione della lunga teoria di volti posta in essere da Nicolai, l’eco di Que reste-t-il de nos amours?
Forse Roland Barthes aveva in mente questa canzone mentre scriveva il saggio La Chambre claire. Chissà quante volte gli sarà capitato di ascoltarla. Quello che resta de nos amours è une photo, une vieille photo de ma jeunesse che forse induce Barthes a scrivere ça a été … Barthes pubblica La Chambre Claire nel 1980. Ha scritto tra il 15 Aprile e il 3 Giugno 1979, poco dopo la morte della madre. Il pre-testo è il ritrovamento di una foto della madre, bambina. Si tratta della Foto del Giardino d’Inverno.
I volti di Nicolai non dicono barthesianamente di un avoir été là. Non sono un esserci stato. Piuttosto circoscrivono una sua polis, una cittadella nella quale resistere a ciò che Pasolini definì mutazione antropologica. Una polis nella quale costruire un linguaggio e un pensiero comuni all’altezza del presente.

Raffaele Gorgoni


Francesco
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